La Spiritualità
Ogni comunità è una comunità di fede. Radicata nella preghiera nella fiducia in Dio, vuole lasciarsi guidare da Lui e dal più debole che rivela la Sua Presenza. Ogni membro della comunità è invitato a scoprire e ad approfondire la sua vita spirituale e a viverla secondo la fede e la tradizione che gli sono proprie. Coloro che non hanno una fede esplicita sono ugualmente accolti e rispettati nella loro libertà di coscienza. Le comunità sono sia radicate in una tradizione religiosa, sia inter-religiose. Le comunità cristiane sono sia radicate in una Chiesa, sia inter-confessionali. Ogni comunità è in comunione con le sue autorità religiose e i suoi membri si integrano nelle chiese e nei luoghi di culto locali.
Le comunità si riconoscono una vocazione ecumenica e una missione d'unità. (Carta dell'Arca)


L'Arca è un dono di Dio per la nostra epoca...le nostre società cercano spesso di sopprimere i deboli col pretesto che disturbano e costano troppo. Attraverso l'Arca, Dio vuole ricordare il senso più profondo della nostra umanità: siamo fatti per amare e mettere tutte le nostre capacità a servizio della costruzione di una società più capace di amare, dove ciascuno trova il proprio posto.
Le nostre comunità vogliono testimoniare, nella società e nella Chiesa, l'amore di Dio che vede i cuori e accoglie la nostra debolezza...

L'Arca non è per prima cosa una soluzione a un problema sociale; essa è il segno che gli esseri umani non sono condannati alla guerra e alla lotta, dove i forti schiacciano sempre i deboli; è il segno che l'amore è possibile poiché ogni persona umana è preziosa e sacra.

Essere amici nel bisogno d'amore
Jean Vanier racconta la sua esperienza:
"La prima cosa che ho scoperto vivendo con Raphael e Philippe è stata la profondità della loro sofferenza, la sofferenza di essere stati motivo di delusione per i loro genitori e il loro ambiente...Avere un figlio con handicap è una sofferenza immensa; ma anche avere un handicap. Raphael e Philippe avevano un cuore incredibilmente sensibile. Era chiaro che avevano bisogno di amicizia e di fiducia, bisogno di poter esprimere le loro necessità e di essere ascoltati. Per troppo tempo nessuno aveva voluto ascoltarli, voluto o potuto aiutarli a fare delle scelte, a poter decidere della propria vita. Avevano, però, esattamente gli stessi miei bisogni: bisogno di amare, di essere amati, di poter scegliere, di sviluppare le proprie capacità. Essere amico, significa diventare vulnerabile, lasciare cadere le proprie maschere e le proprie barriere per accogliere l'altro in sé, così come è, con la sua bellezza e i suoi doni, i suoi limiti e la sua sofferenza. Diventando amico del povero, riconosciamo che siamo legati insieme, cominciamo a scoprire in lui qualità del cuore, che si trovano più raramente in coloro che impegnano tutte le proprie energie per raggiungere il successo. Certo, non bisogna generalizzare, né idealizzare. Ogni persona è unica, ognuno ha i propri doni e le proprie ferite, ma le persone che abbiamo accolto, hanno spesso semplicità di relazione: non sono condizionate dalla cultura corrente o dalle mode. Non guardano la funzione o il rango, ma vedono il cuore. Non portano maschere: la gioia o l'ira sono evidenti sul loro volto. Vivono il presente e non si fermano alla nostalgia del passato o nei sogni del futuro. Mi sono convinto che per diventare amico delle persone sofferenti di handicap dovevo fare, con l'aiuto dello Spirito di Dio nella preghiera di coloro che mi accompagnavano, tutto un lavoro su me stesso. Dovevo scoprire il perdono e il mio bisogno di essere perdonato. Poco a poco, i poveri mi hanno aiutato ad accettare la mia povertà, a diventare più umano e a trovare una maggiore unità interiore".

Il tempo della relazione e del crescere insieme
"Quando si vive con persone sofferenti di handicap mentale, non bisogna aver fretta. Bisogna darsi il tempo di ascoltarle e comprenderle. Esse non sono primariamente "efficienti": trovano la loro gioia nella presenza, nella relazione; il loro ritmo è quello del cuore. Ci obbligano ad andare più lentamente per vivere anzitutto la relazione. Ascoltare è prima di tutto un atteggiamento...significa non soltanto ascoltare le parole, ma anche il corpo. La persona con handicap mentale si esprime più col proprio corpo che con una parola razionale. Bisogna essere attenti a questo linguaggio semplice e concreto per cogliere le sofferenze e le pene dell'altro, i suoi desideri e la sua speranza".

La conoscenza del cuore
"Quando si ascolta il povero con cuore aperto, senza pregiudizi, in lui si scoprono aspetti profetici. La persona con handicap mentale non può conoscere Dio in modo intellettuale o attraverso concetti astratti. Ma può capire che è amata. Un bambino piccolo che si sente amato, è in pace; se avverte che non è voluto soffre. La sua conoscenza non è astratta, ma affettiva e concreta, passa dal cuore, il corpo e i sensi. Fatte le debite proporzioni, non è la stessa cosa per la persona con handicap mentale, soprattutto quando l'handicap è profondo?
La persona con handicap mentale è spesso più aperta alla presenza e alla comunione dei cuori; accetta Dio attraverso la pace, senza, talvolta, poterlo invocare. Per gli intellettuali è, a volte, difficile comprendere questa conoscenza affettiva, che considerano emotiva, di minor valore. Dimenticano che questa forma di conoscenza è la più primitiva, la più fondamentale in ciascuno di noi; è questa che ha formato le fondamenta della nostra psicologia, quando ci siamo sentiti amati o rifiutati dai nostri genitori. E' questa che agisce quando ci innamoriamo".

La spiritualità dell'Arca
"La spiritualità dell'Arca non è in primo luogo 'fare delle cose' per i poveri, ma ascoltarli, vivere in comunione con loro, aiutarli a scoprire il senso della loro vita.

A chi vive con loro, i poveri rivelano l'ampiezza del cuore e della compassione. I poveri li evangelizzano; indicano il cammino delle Beatitudini. Nel cuore di coloro che sono venuti per servire i poveri si opera una trasformazione; essi scoprono la propria povertà. Scoprono che la buona novella di Gesù è annunciata ai poveri, non a chi serve i poveri.

I poveri li conducono dalla generosità alla compassione e fanno loro scoprire queste parole di Gesù: 'Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato' (Lc 6,36-37).

La trasformazione del nostro sguardo sul povero e del nostro cuore è un'opera lenta e bella. Si compie nel crogiuolo della vita comunitaria".

Mangiando alla stessa tavola...
"Mangiando alla stessa tavola delle persone sofferenti di handicap mentale, che hanno vissuto l'emarginazione, diventando loro amici, facciamo opera di unità, di riconciliazione e di pace; cresciamo nella tenerezza di Dio, scopriamo il perdono di Gesù e diventiamo segno della festa delle nozze eterne. Questo ideale di vita comune, ideale di un corpo in cui non c'è rivalità e in cui ciascuno trova il proprio posto (Fil 2, 1-4), non è per nulla acquisito. E' una lotta quotidiana".

Tentando di essere attenta ai bisogni umani e spirituali di ciascuno dei suoi membri, l'Arca è stata progressivamente introdotta nel disegno di unità di Dio: l'unità di tutta l'umanità e di tutti i cristiani.
La vocazione all'unità implica la maturità del cuore per accogliere e rispettare l'altro nella sua fede, scoprendo tutto ciò che ci unisce al di là delle nostre differenze.
Il nostro ruolo all'Arca è vivere come Gesù, a Nazareth, una vita semplice, aperta ai vicini, aperta a uomini e donne che soffrono. Come il popolo ebraico nel deserto, l'Arca è un popolo in cammino. Bisogna sempre ripartire e lasciarci sconcertare e stupire.

"Signore benedici noi con la mano dei tuoi poveri" si canta nelle case dell'Arca ogni sera: la spiritualità che noi viviamo passa attraverso lo stare assieme, la vita di tutti i giorni condivisa nelle cose più semplici, in tutti i momenti che ciascuno attraversa nella giornata, nella settimana, nell'anno, negli anni... questo essere insieme ci mette di fronte al valore più grande che è la vita di ciascuno.

Mentre Daniela - un'assistente all'Arca da dieci anni - racconta animatamente con parole e gesti tutto questo, Paola, una persona con un handicap profondo accolta all'Arca, accanto a lei, sentendola parlare sorride e applaude.
La spiritualità in cui siamo immersi è riconoscere nel sorriso di Paola e nella passione di Daniela, uno dei volti di Dio che oggi si fa presente.


Preghiera dell'Arca

O Maria, ti chiediamo di benedire la nostra casa;
custodiscila nel tuo cuore immacolato,
Fa dell'Arca il nostro vero focolare
Un rifugio per i poveri, i piccoli
Perché trovino in essa la fonte di ogni vita,
un rifugio per quelli che sono provati,
perché siano infinitamente consolati.

Signore, benedici noi con la mano dei tuoi poveri,
Signore sorridi a noi nello sguardo dei tuoi poveri,
Signore, ricevi noi un giorno
Nella beata compagnia dei tuoi poveri.

O Maria, donaci cuori attenti, umili e miti
Per accogliere con tenerezza e compassione
Tutti i poveri che tu mandi verso di noi
Donaci cuori pieni di misericordia
Per amarli, servirli, spegnere ogni discordia,
e vedere nei nostri fratelli sofferenti e provati
l'umile presenza di Gesù vivente.

 
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Le comunità dell'Arca in Italia ()